“Mi chiamo Eliseo Rusconi, sono nato a Lecco e ho 51 anni. Ho vissuto gli anni della mia infanzia e della mia fanciullezza abitando in una vecchia casa situata proprio di fronte al Santuario della Vittoria dove mia madre mi conduceva sovente a pregare e dove credo sia nata la mia devozione a Maria. A 14 anni ho iniziato a lavorare come impiegato in una agenzia di viaggi. Lavoravo di giorno e studiavo la sera come molti facevano a quel tempo. Ho frequentato per molti anni l’ambiente oratoriano di Lecco.
Per 24 anni ho operato nella stessa agenzia come dipendente, maturando nel campo dei viaggi una buona esperienza. Quando 12 anni fa presi la decisione di mettermi in proprio e, da lavoratore dipendente quale ero stato fino a quel momento, aprire una agenzia mia e diventare imprenditore, avevo valutato diversi aspetti che questo cambiamento avrebbe comportato nella mia vita: un maggior impegno, l’incertezza del lavoro, il rischio d’impresa ed altri ancora ma non avevo considerato quanto potesse essere difficile per un cristiano essere imprenditore e mantenersi coerente con il messaggio evangelico.
La logica dell’impresa, che è quella del profitto, spesso si scontra e si contrappone alla logica dell’annuncio evangelico che è quella della giustizia, dell’equità, dell’onestà che è logica di altruismo, di solidarietà, di condivisione, insomma, di amore verso il prossimo.
Gestire un’impresa al giorno d’oggi implica ogni giorno dover fare delle scelte che io spesso vivo in maniera conflittuale; la scelta dell’imprenditore a volte sembra non possa essere la scelta del cristiano. Una soluzione potrebbe essere quella di scindere questi due aspetti della propria vita e seguire logiche diverse a seconda della veste in cui ci si trova ad operare: essere imprenditore in azienda, senza tener presente il proprio essere cristiano; ed essere cristiano al di fuori del mondo del lavoro. Ma per me questo significherebbe essere ipocrita e incoerente.
Pur riconoscendo l’oggettiva difficoltà di alcune scelte, in un mercato di forte concorrenza , ho sempre cercato di essere il più possibile coerente con me stesso e con i principi morali che mi sono stati insegnati dai miei genitori e dai miei educatori. Ho cercato di non far mai prevalere il mio profitto personale. Ho mantenuto e mantengo lo stesso tenore di vita da quando ero dipendente. Degli utili della mia attività ho sempre utilizzato solo quanto mi serviva e mi serve a mantenere decorosamente la mia famiglia e a far studiare i miei tre figli. Quando rimaneva un ulteriore margine di profitto questo lo reinvestivo nell’azienda per espanderne l’attività e creare nuovi posti di lavoro. Ho iniziato da solo e ora ho 11 collaboratori alle mie dipendenze.
I primi tempi furono molto duri e difficili ma a poco a poco mi resi conto che come imprenditore avrei avuto molte più opportunità di scelta e avrei potuto orientare la mia attività nella direzione che desideravo. Il lavoro di agente di viaggio offre molte prospettive a chi lo esercita. I viaggi e le vacanze sono diventati in pochi anni un’esigenza vera o presunta della nostra civiltà di consumi. In genere le vacanze vengono però concepite come evasione, come fuga dai propri impegni, dalle proprie responsabilità, come momento di divertimento a tutti i costi. Mi rendevo conto che questo tempo di vacanza che molti trascorrono in villeggiatura viene spesso utilizzato male e non porta alcun beneficio né al corpo e tanto meno allo spirito.
Capivo che questo tempo avrebbe potuto essere utilizzato più proficuamente e cercavo una direzione diversa dove orientare le mie scelte professionali. Insomma, non ero soddisfatto di quello che facevo ed ero alla ricerca di qualcosa di diverso. La chiamata, se così si può definire, avvenne nel febbraio del 1984.
Per l’immacolata dell”83 un gruppo di Lecco mi chiese di organizzare un viaggio a Medjugorje. Allora io non sapevo assolutamente nulla di Medjugorje, dove fosse, cosa vi succedesse. Organizzai quel viaggio non senza molte difficoltà dal punto di vista tecnico. Dai partecipanti, che non conoscevo, non riuscii a sapere nulla. Solo l’autista del pullman mi riferì qualcosa di quanto accadeva in questo paese. Ma non rimasi particolarmente colpito, per me la cosa non avrebbe avuto più alcun seguito senonché il mese di gennaio dell’84 mi fu chiesto di organizzare un altro viaggio a Medjugorje per il mese successivo. Senza sapere perché lo feci, e ancora oggi me lo chiedo perché gli impegni non me lo avrebbero permesso, all’ultimo momento decisi di andarvi anch’io, come pellegrino. Il 24 febbraio dell’84 partimmo in pullman da Lecco. Eravamo una cinquantina di persone. pPadre Antonio, un claretiano, faceva da guida spirituale e un certo Pietro, che oggi è uno dei miei accompagnatori, che mi aveva chiesto di organizzare quel viaggio, fungeva da accompagnatore. Non starò a raccontarvi tutta la storia di quel pellegrinaggio poiché sarebbe troppo lunga ma vi confesso che l’esperienza che vissi in quei cinque giorni fu tale da costituire una svolta decisiva nella mia vita di cristiano, sia sul piano personale sia su quello del lavoro.
A Medjugorje maturai la convinzione personale che quanto succedeva in quel luogo fosse una cosa seria, che i ragazzi che asserivano di vedere giornalmente Maria erano credibili e che il messaggio amoroso e accorato della regina della Pace era importante, urgente, essenziale.
Nel corso di quel pellegrinaggio percepii con sempre maggior chiarezza che avrei dovuto mettere la mia professione al servizio di Maria e iniziare ad organizzare pellegrinaggi verso questo luogo sperduto dell’Erzegovina. In quel momento però la cosa mi sgomentava. Razionalmente poteva sembrare una pazzia. Come avrei affrontato e risolto tutti i problemi organizzativi. Ero consapevole dei limiti strutturali della mia Agenzia. D’altra parte mi ero reso conto degli enormi problemi tecnici che avrebbe comportato l’organizzazione di questi viaggi: tragitto lunghissimo, strade pessime, strutture alberghiere inesistenti o quasi. Allora a Medjugorje non esisteva nient’altro che una grande chiesa, isolata in mezzo alla campagna e poche case di contadini sparse nelle frazioni circostanti. Senza contare i problemi politici esistenti allora in Jugoslavia, le difficoltà in ordine a queste apparizioni nei confronti della gerarchia ecclesiastica, la mia ignoranza in campo teologico e il problema delicatissimo dell’accompagnamento di questi viaggi particolari. Mi resi conto dell’enorme responsabilità che andavo ad assumermi e, in quel momento, senza l’aiuto e il sostegno di nessuno.
Di fronte a tutte queste difficoltà non potrei far altro che pregare intensamente il Signore e Maria, in tutta umiltà e riconoscendo tutti i miei limiti, le mie carenze, le mie debolezze, chiedere a Loro l’aiuto e la forza interiore necessaria ad intraprendere questa impresa, se fosse stata veramente la Loro volontà. Da parte mia la risposta fu totale ed incondizionata. Aiutato dalla Grazia iniziai questo nuovo cammino affrontando con serenità e risolvendo i vari problemi man mano mi si presentavano. Mi resi subito conto che uno dei più seri fosse quello della conduzione spirituale di questi viaggi e capii che sarebbe stata indispensabile la presenza di un sacerdote o di un religioso oltre a quella di un accompagnatore laico. Non è stato per niente facile assicurarne sempre la presenza su tutti i viaggi che ho organizzato anche a causa di tutte le restrizioni, i divieti ecc. Ma posso assicurarvi che delle centinaia e centinaia di viaggi organizzati nel corso di questi anni, pochissimi sono partiti senza la guida spirituale del sacerdote.
I pellegrini diventavano sempre più numerosi e accorrevano in quel luogo come attratti da una forza misteriosa. Mi rendevo sempre più conto della quantità di Grazie che molte persone ricevevano e dei frutti spirituali che derivavano da questi pellegrinaggi. Ho ricevuto un’infinità di testimonianze verbali e scritte, dirette ed indirette di conversioni, di persone che hanno trovato o ritrovato la Fede, persone che dopo molti anni hanno ripreso a partecipare alla S. Messa, hanno ripreso la pratica dei sacramenti, hanno ripreso a pregare.
Un altro aspetto importante di cui mi rendevo sempre più conto era che questi viaggi potevano diventare un’ottima occasione di evangelizzazione. I lunghi tempi di trasferimento potevano essere ben utilizzati per la catechesi, per la preghiera comunitaria, per lo scambio di testimonianze. In parecchi casi con alcuni sacerdoti si riusciva a trasformare il pellegrinaggio in una sorta di esercizi spirituali. Tutte queste ragioni mi hanno indotto a proseguire su questa strada e ho proseguito fino a quando è stato possibile ossia fino al settembre dello scorso anno quando quell’assurda guerra di cui siamo ancora oggi tutti testimoni non ha incominciato ad interessare anche la Repubblica della Bosnia Erzegovina.
Nel frattempo avevo creato nell’ambito della mia agenzia un settore Pellegrinaggi, tuttora funzionante, in grado di organizzare pellegrinaggi verso qualsiasi santuario italiano o estero perché mi resi conto che anche tutti gli altri santuari sono fonti inesauribili di Grazia, luoghi privilegiati di preghiera e di incontro con il Signore per mezzo di Maria.
Finalmente mi sentivo e mi sento soddisfatto del mio lavoro, sul piano personale quel pellegrinaggio dell’84 mi rese consapevole che avrei dovuto vivere il mio cristianesimo in maniera nuova. Mi resi conto che fino ad allora ero stato un cristiano più per tradizione, per cultura, perchè mi avevano insegnato ad esserlo, che non per convinzione. La Messa la domenica, la Comunione una volta tanto, una certa religiosità ma niente di più. Cominciai a rendermi conto che la Fede era un’altra cosa, che doveva essere una scelta precisa, una adesione totale a Cristo e al Suo Vangelo. La Fede doveva essere coerenza fino in fondo, coraggio della testimonianza sempre e dovunque, capii insomma che la fede avrebbe dovuto coinvolgere tutto il mio essere, tutta la mia vita. Divenni più consapevole dei doni e delle Grazie che gratuitamente e senza miei meriti, il Signore mi aveva elargito. Divenni più conscio dei miei doveri e delle mie responsabilità nell’ambito familiare e in quello sociale. Divenni più disposto ad accettare anche le croci e le prove che il Signore mi mandava. Da anni nella mia vita familiare portavo una croce molto pesante che consideravo un’ingiustizia e a cui spesso mi ribellavo. Durante quel pellegrinaggio ricevetti la grazia di una grande forza morale, di una Pace Interiore nuova e mai provata prima che mi aiutò ad accettare serenamente, come misteriosa volontà del Signore, questa croce che ancora oggi continuo a portare. Quel pellegrinaggio ha costituito per me un punto di partenza per un nuovo cammino di ricerca di Dio e di rafforzamento della mia Fede che sto percorrendo assieme ad alcuni miei fratelli sacerdoti e laici, che in questi anni ho conosciuto e molti dei quali sono diventati accompagnatori di questi pellegrinaggi.
Riesaminandomi fino in fondo mi rendevo e mi rendo conto dei miei limiti, delle mie debolezze, della mia fragilità, dei miei egoismi. Mi rendevo e mi rendo conto che da solo con la mia volontà non potevo e non posso progredire molto. Ecco allora nascere l’esigenza della preghiera, di quello stare con il Signore e rivolgere sovente il pensiero a Lui, anche durante la giornata, per riconoscere la Sua grandezza, per ringraziarlo dei Suoi doni, per chiedere il Suo aiuto, per cogliere la Sua chiamata, per cercare di capire fino in fondo il progetto che Egli ha su di me, perché mi illumini e mi ispiri nelle scelte difficili, perché mi dia la forza di affrontare il momento della prova, perché mi aiuti a respingere il male quando sono tentato e per chiedere perdono perché nonostante tutto continuo a cadere. Ho riscoperto la forza della Confessione e dell’Eucarestia, appena possibile partecipo alla S.Messa quotidiana. Mi accorgo che Maria mi ha preso per mano e come mia madre da piccolo mi conduceva spesso al Santuario della Vittoria, ora è Lei che dopo avermi chiamato, desidera farmi meglio conoscere e vuole condurmi a Suo figlio Gesù. Sento però anche il dovere e la responsabilità di essere sempre testimone coerente e credibile di questa Grazia perciò mi affido completamente a Maria che sento Madre tenerissima e a cui desidero consacrare la mia vita. Con l’aiuto del Signore, di Maria e Vostro, vorrei continuare questo cammino di conversione e di testimonianza. Grazie “